I PREMIATI

Il Suino Nero Italiano ed Europeo

La storia del maiale si intreccia strettamente con quella dell’uomo a partire da un particolare momento storico: la così detta “rivoluzione neolitica”. Dall’uomo nomade, il cui nutrimento perveniva soprattutto dalla caccia e dalla raccolta di semi e frutti spontanei, si assiste al radicarsi di uno stile di vita sedentario. 

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I PREMIATI

Il Suino Nero Italiano ed Europeo

La storia del maiale si intreccia strettamente con quella dell’uomo a partire da un particolare momento storico: la così detta “rivoluzione neolitica”. Dall’uomo nomade, il cui nutrimento perveniva soprattutto dalla caccia e dalla raccolta di semi e frutti spontanei, si assiste al radicarsi di uno stile di vita sedentario. 

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Stabilizzandosi, l’uomo si dedica a modalità di procacciamento del cibo più solide: nascono così l’agricoltura e l’allevamento. La domesticazione del maiale ha comunque datazione incerta: secondo alcuni storici collochino le prime tracce archeologiche vanno collocate tra il 4500 e il 5000 a.C. in Asia Meridionale; secondo altri vanno ricercate in Medio Oriente e nelle coste orientali del Mediterraneo, tra Palestina, Iraq, Turchia, e Grecia. Alle pendici della catena del Taurus, nella Turchia Sud-orientale, grazie a ritrovamenti avvenuti nel 1964, si ha traccia di come l’allevamento del maiale sia precedente alla coltura di cerali quali il grano e l’orzo, e risalga al 8.000 a.C. circa. Se la diffusione dei primi uomini agricoltori ed allevatori vede la Mesopotamia come primo luogo fertile e adatto alla stabilizzazione dell’uomo, negli anni si assiste ad una diversificazione tra l’allevamento ovino-caprino nella zona mediorientale dell’Europa, la zona che vede una maggior diffusione del maiale è quella centro settentrionale grazie alla presenza di boschi da cui trarre nutrimento. In origine il maiale aveva caratteristiche fisiche differenti rispetto a oggi, era difatti più snello, aveva le gambe più affusolate e un colore scuro o rossiccio, col pelo irto lungo la schiena. Era differente anche il peso: giungeva tra i 70 e gli 80 kg intorno ai 2, 3 anni. Fino al 1800 la carne del suino era preferita rispetto ad altre specie per la sua particolare grassezza e la sua ricchezza di nutrimento, che dunque non necessitava dell’aggiunta di spezie o di altri condimenti e si rivelava più adatta alla trasformazione. Dal XVIII secolo si assistette a un progressivo aumento dell’allevamento suino fino a diventare intensivo, il che incoraggiò una maggiore selezione degli animali. La prima vera razza di suino addomesticato si ebbe dal momento in cui questo tipo di scelta verteva su animali meno aggressivi e di maggiori dimensioni, appunto, per finalizzare un miglior ottenimento della carne. 

Risale, dunque, al 1805, in Inghilterra, la selezione della specie Large White, o Yorkshire, dall’omonimo luogo. Ma è dal 1860, dopo anni di selezione e incroci tra maiali di origini cinesi e siamesi che si ottiene la fissazione dei caratteri tipici quali la fertilità, la grande pezzatura e lo scheletro di ridotte dimensioni ,che garantivano una maggiore resa in fase di macellazione e, dunque, l’ufficializzazione della razza Large White. Come è accaduto presso altre specie animali, anche i suini hanno conosciuto una contrazione del numero di razze italiane a favore di quelle estere, più produttive. In Italia, la stessa Large White, importata da Antonio Zanelli nel 1873, nel Deposito animali migliorati annesso all’Istituto Tecnico Agrario di Reggio Emilia, si diffuse rapidamente sia in Pianura Padana sia nelle altre parti del Paese grazie proprio alla sua capacità di tramandare i propri pregi alla prole. Diffusasi e preferita in Italia, dal Novecento in avanti, come razza incrociante, ne sostituì quasi interamente i suini autoctoni. L’introduzione di razze straniere non si concluse, però, con questa, a cui seguirono infatti le razze Middle White, Large Black e Tamworth, che furono utilizzate a più riprese anche quali razze incrocianti. Per quanto riguarda i nostri antichi suini neri, ne sopravvivono oggi, in Italia, 7 razze ufficialmente riconosciute. 

Il Nero dei Nebrodi, o nero siciliano, dalla rassomiglianza con il cinghiale, ad oggi costituisce una esigua rappresentanza di duemila capi. Altrettanto esigui sono gli artigiani che ne sanno trattare le carni e che prediligono la macellazione e la lavorazione ad uso famigliare. Eccelsi però sono i prodotti che ne derivano, grazie all’aromaticità intesa delle sue carni e alla loro predisposizione alle lunghe stagionature. Il salame di Fellata, la salsiccia dei Nebrodi, il capocollo, la pancetta, il lardo o il guanciale detto anche localmente boccularu, sono tra i derivati più eccelsi. 

Tipico della Campania, e di origine antichissima, il Nero Casertano si trova rappresentato in moltissime sculture e affreschi già di epoca romana. È certamente la razza più precoce e produttiva tra le razze italiane ed è riconoscibile dalla pelle scura e priva di pelo, per questo il nome di Pelatella e deve la suo fama e il suo apprezzamento alla particolare marezzatura della sua carne. Derivando dal cugino iberico, dalle altrettanto carni magre e dalla rinomata ottima qualità, spicca per la sapidità tipica di concentrazione di tessuto connettivo intramuscolare e dalla grande morbidezza. La razza Casertana si presta ad insaccati come salsicce, capocolli, pancette e soppressate.

Il Nero di Calabria, o Apulo calabrese, dalla carne magra tipica di un’alimentazione a base di ghiande, tuberi e radici, si adatta molto bene all’allevamento allo stato brado o semibrado e, a differenza delle razze migliorate, l’accrescimento è lento. La soppressata, il sanguinaccio, la ’nduja di Spilinga, il capocollo e il lardo sono gli ottimi salumi che si ottengono da questo suino dalla parentela con il nero Casertano ed altrettanto con gli esemplari di origine pugliese. Di tutela DOP, la Cinta Senese prende il nome dalla caratteristica “cinta”, appunto, che ne fascia il garrese e altrettanto dalla sua zona di provenienza. Tra le più antiche specie italiane, se ne hanno tracce già in epoca romana, etrusca e nel Medioevo. La sua caratteristica è la rusticità, si rivela infatti ottima pascolatrice, adatta agli ambienti più impervi ed è in grado di utilizzare le risorse alimentari disponibili nelle zone della macchia mediterranea. La sua carne, dal colore più rosato rispetto ad altre razze, ben si presta ad assorbire e distribuire gli aromi impiegati per insaporire e restituire così insaccati e prodotti dalle note aromatiche tipiche e gradevoli come il prosciutto toscano, la spalla salata, la porchetta, le salsicce, la gola, il lardo, la pancetta, il capocollo e la finocchiona.

Di razza storica e di origine omonima, la Mora Romagnola presenta una carne morbida e succosa, lipidica, marezzata e di colore più intenso rispetto ad altre specie. Se in origine ne esistevano le tre varianti Forlivense, Faentina e Riminese, ad oggi questa razza è diffusa largamente anche in molte zone del Nord Italia, seppur la razza pura sia praticamente in via d’estinzione, ridotta a pochissimi esemplari concentrati in qualche allevamento. Di buona taglia, dallo scheletro leggero e dalla linea dorso-lombare con setole che formano una specie di criniera chiamata “linea sparta”, si presenta come una razza poco prolifica. La dolcezza tipica della sua carne la rende perfetta per la produzione di insaccati a pasta morbida, come salami e cotechini, ma anche culatelli e spalle crude. A Parma l’allevamento suino rappresenta, dal punto di vista storico, un’attività radicata e documentata già alla fine del 1400. A quel tempo risultavano particolarmente apprezzati i suini a mantello nero, che raggiungevano pesi notevoli. La particolare colorazione rosso rubino definisce una specie suina autoctona dalla carne lipidica e dalla grande marezzatura: il Nero di Parma. Derivata da una recente selezione, può ricordare l’antica razza Nera Parmigiana o Reggiana, di cui il territorio parmense ne ha fatto vessillo di tradizione norcina. Questo territorio avvezzo e conosciuto per quanto riguarda la salumeria, deriva dalla specie autoctona salumi quali il culatello, il salame, il prosciutto crudo, la coppa e la pancetta, grazie all’apprezzabile dote adiposa.  “Nuova” razza riconosciuta dal MIPAFF nel febbraio 2020, il Nero di Cavour, Nero di Piemonte o Nero Piemontese è una razza rustica che ben si adatta all’allevamento allo stato brado o semibrado. La tipicità di questo tipo di alimentazione si presta alla produzione di salumi piemontesi, quali i prosciutti, sia crudo sia cotto, le salsicce e il capocollo, grazie particolarmente consistente e alla buona marezzatura che ne derivano. Questa razza di nuova costituzione si presenta di colorazione nera nel manto ardesia, mascherina facciale bianca, con balzane bianche agli arti inferiori.

Per quanto riguarda l’allevamento suino nel resto dell’Europa e la produzione di salumi ed insaccati spiccano Portogallo, Spagna, Isole Baleari (Maiorca), Francia, Germania e Ungheria. Nello specifico, il Portogallo due razze sono maggiormente diffuse: il Porco Bìsaro, a nord dal fiume Tejo al confine con la Galizia e al sud il Porco Alentejano. A sua volta, il suino Bísaro, ha due varietà una a macchie bianche, comune nel Minho, e una a macchie da nere a grigie o nere, che si trova a Minho, Trás-os-Montes e Beiras. Molto apprezzato in Portogallo, con molti usi gastronomici, la sua carne viene consumata fresca – allo spiedo o cozido à portuguesa – o nella produzione di un’ampia varietà di piatti tradizionali – tra DOP e IGP -, come chouriços, salpicões, prosciutto e altri prodotti tradizionali. Anche il Porco Alentejano DOP è una razza da cui si ricavano prodotti di tradizione gastronomia portoghese, proprio per la sua carne a grana fine, molto saporita e succulenta.

In Spagna, il suino più diffuso è l’omonimo iberico da cui si ricavano soprattutto il Jamón Iberico de Bellota ma anche la paleta (spalla stagionata), il lomo (filetto stagionato), i chorizos e salchichones (salami e salsicce) e che la rendono uno dei paesi in Europa con il più alto consumo di insaccati. Il Jamón Ibericospicca su tutti nelle quattro diverse DOP: Jamón de Huelva, Valle de Los Pedroche, Dehesa de Extremadura e Jamón de Guijuelo. Le razze più comunemente utilizzate sono il “Negro Entrepelado” e il “Negro Lampiño”, rispettivamente con e senza pelliccia. I maiali iberici, grazie all’alimentazione a base di ghiande e erba fresca di pascolo, tipico di un ambiente molto unico, le dehesas (pascolo selvatico della penisola), restituiscono gioielli norcini dall’inconfondibile aroma, intenso e persistente. Dall’incrocio tra la razza iberica ed altre celtiche, nasce il Cerdo Negro Mallorqui, razza autoctona di Maiorca. Dalle sue lipidiche ed aromatiche carni se ne trae la Sobrasada di Maiorca, salsiccia tipica e caratteristica dell’isola che dal 1996 ha l’indicazione IGP. 

Simile al suino iberico è anche il maiale nero di Bigorre, che ha origine ai piedi dei Pirenei è allevato in un’area intorno alla cittadina francese omonima. Dal Noir de Bigorre, riconosciuta come la razza più antica di suini presenti in Francia e finemente venata di grasso, si ottiene il Jambon noir de Bigorre AOP, seguito dal suino basco di quasinella Vallée des Aldudes, tipico del paese della Quinta, da cui si ricava il Jambon du Kintoa AOP. Altrettanto di storiche origini è il Porc de Corse AOC, tipico della Corsica. Allevato da secoli allo stato semi-brado, da questo maiale nero autoctono, si ricavano il Prosciutto AOP, la Coppa de Corse e la Lonzu.

In Germania, dove le specie autoctone si sono quasi completamente estinte, la tradizione norcina si basa su carni dei già citati maiali bianchi e da cui si ottengono salumi di grande qualità come nel caso del Schwarzwälder Schinken IGP, chiamato anche Prosciutto della Foresta nera. 

L’Ungheria e i Balcani, invece, hanno di razza autoctona e storica la Mangalica. Di grossa taglia e dal pelo lungo, spesso e riccio, si contraddistingue dalle altre specie perché ricorda la pecora. Nonostante oggi sia tornato in voga, il Mangalica è stato sull’orlo dell’estinzione. Se nel 1991 gli esemplari erano davvero esigui e si stava assistendo ad un’estinzione quasi totale, in seguito ad una ingente richiesta proveniente dalla Spagna da parte l’impresa Jamones Segovia SA, questa razza riprese vigore. Ad oggi se ne conoscono tre varietà, distinte dal colore del manto: bianco, biondo e rondine (nero con pancia bianca). I suini rossi di Mangalica risultano ad oggi molto pregiati, in quanto ne derivano carni dalla marezzatura ingente, garantita dall’allevamento allo stato semi-brado e dalla nutrizione a base di frumento, orzo, mais e integratori minerali e foraggio verde. A paragone del collega spagnolo, il grasso del maiale ungherese è ancora più morbido tanto da richiamare la kóbe giapponese.

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